martedì 8 dicembre 2009

E' arrivata la Gnu-gnu

Eccola, dopo lunga ricerca è arrivata la Gnu-gnu... sognata dieci anni fa con il suo debutto, ed ora ne ho una. :o)
















venerdì 18 settembre 2009

Vacanze 2009 - Holidays

Quest'anno in vacanza al fresco... in montagna.
Qui Pierpaolo impegnato nel percorso del Bosco Park, a Bosco Chiesanuova.








Io e Alice, durante un po' di riposo.









Rifugio passo Pertica.









Chiara durante un'escursione al rifugio Pompeo Scalorbi... dopo tre ore di cammino, il sorriso e il buon umore non mancano.

venerdì 31 luglio 2009

Endurata in altopiano

Ho sempre desiderato trascorrere un’intera giornata in moto, e un mese fa quasi ci stavo riuscendo, ma poi a causa di un perno rotto sono dovuto rientrare a casa con il carrello di Hank.

Così dedico parecchie ore delle mie serate a sognare e pianificare un giro in altopiano: con l’aiuto del computer, leggo la mappa per la stesura del percorso riducendo all’osso i trasferimenti su asfalto, rifornimenti e soste. Studiando attentamente già mi immagino i vari sentieri, il bosco, le pendenze e quel profumo buonissimo della corteccia.

In base ai miei calcoli il giro previsto sviluppava 197 km, di cui 49 di asfalto, ma non avevo considerato il trasferimento da Dueville a Calvene e ritorno… "comunque si fa sempre in tempo a ridurre il percorso" in base al tempo, agli imprevisti, alla benzina ecc. (foto a lato: sono quasi in quota).

Deciso il giorno e preso ferie, un po’ alla volta mentre passavo per il garage preparavo la moto, senza darlo a vedere alla mia dolce metà: lubrificavo la catena, preparavo gli stivali, le protezioni, la cartina, il marsupio e lo zaino con alcuni utensili e ricambi.

Purtroppo nessuno del Motobruco si aggiunge all’uscita e fare il giro da solo non è sempre il massimo per questioni di sicurezza: mi rassicuro e consolo con la frase "così sarai più prudente".

La mattina della partenza sbrigo alcune faccende di famiglia e per le nove sono in sella. Il solito torrente mi permette di arrivare fino a Calvene senza consumare le gomme su quell’odioso bitume. Via verso Camisino e su, in quota, fino a raggiungere tramite una ripida sterrata la cima del Gallo. Nel mentre le ruote frullano lo zaino e devo mettermelo in spalla.

Sosta relax: un caldo africano mi avvolge, salire sotto il sole senza neanche un albero mi ha fatto sudare! Grazie ad un po’ di nastro e ad un filo di ferro recuperato dai segnali stradali, con la pinza aggiusto la corda elastica e poi lego lo zaino nella parte posteriore della moto: troppo pesante da tenere in spalla tutto il giorno!

Riprendo il giro per la valle dei Magnaboschi e nonostante il giorno feriale incrocio numerosi escursionisti: ormai siamo in pieno periodo di ferie. Ritorno verso il rifugio Alpino, poi ancora a Nord verso il Turcio, poi a sud verso Monte Corno: in pratica una specie di avanti e indietro percorrendo valli parallele. Tutte sterrate piacevoli, da percorrere in terza o quarta, ma sarebbe troppa la polvere dietro di me… così mi trattengo, ma la voglia di dare gas è tanta.

Da qui mi sposto un po’, mi infilo -bello bello- nella valle di Campo Rossignolo e assaporo questo momento come un bambino che al luna park passa da una giostra ad un’altra! Sbuco dopo cinque km di terra sull’asfalto della provinciale che porta ad Asiago, attraverso la strada e mi dirigo verso l’osservatorio, poi cambio rotta e grazie ad una carrareccia arrivo nella Val di Melago fino alle pendici del Col del Rosso, da dove parte l’omonima sciovia: "tra un po’ sarò la in alto". Alcune foto ricordo e poi arrivo in cima, a 1300 mt circa, dove posso ammirare la vallata e 600 mt più in basso Chiesa di Sasso.

Arrivato a Chiesa mi fermo al distributore: il pompone, anche se perfettamente originale, ha destato l’attenzione delle solite vecchiette all’arrivo dello straniero, tanto che una esce di casa (sbrigando una futile faccenda) e senza neanche chiederlo mi grida: "All’una e mezzaaaa!!!" Aveva già capito che mi serviva un po’ di "prezioso nettare verde". Mezz’ora di riposo, giusto il tempo di mangiarmi un boccone al bar: un classico, coca-cola pane e soppressa!

Scambio le classiche quattro ciàcoe con il barista, e poi con il simpatico benzinaio che giustamente già conosceva le mie ludiche intenzioni: "Sentieri proibiti è? E come fèto con la forestale?" "Spero di non incrociarla, esco fra settimana proprio perché c’è meno confusione" "E’ si, te ghè ràson, de sàbo e domenega passa un sacco de moto pàr de qua!"

Ritorno sui miei passi, risalgo il colle, poi giù verso la Val Frenzela. Ecco il paesaggio... simpatici asinelli mi fanno compagnia.




Il sentiero è favoloso, ghiaino e sassi coperti da un soffice materasso di foglie, oltre ad una vegetazione che mi faceva correre sempre all’ombra: più che indossare un casco, mi sembrava di essere un messicano che indossava un largo sombrero! Qui è bello fresco è proprio l’ora della siesta!

Ricordo ancora la prima volta che sono stato in Val Frenzela con Hank; all’uscita di un fitto bosco si è aperta una meraviglia, una vallata con al centro un piccolo rivolo d’acqua. In questo caso però ci sono arrivato da un altro punto, qui sono in uno dei classici salti di cemento.
Percorro la sterrata lungo la valle, poi scendo vicino al greto per la classica foto di rito: bambini che giocano e qualcuno prende il sole! Hank, è questo il punto dove ci siamo fermati quella volta, vero?

Trasferimento relax per alcuni km, fino a prendere una stradina che poi risulta essere chiusa dal filo spinato: potrei entrare ma vedo in lontananza alcuni cani legati… ergo "chissà dov’è nascosto il padrone… mmmm meglio tagliare questa parte", così arrivo a campo Mulo per la solita strada.

La destinazione finale è quella di arrivare al rifugio Barricata e qui percorro quella che è per me la "sterrata del secolo" anche se in una precedente uscita con Hank sono caduto e ho rischiato di sfracellarmi (ancora oggi il mio ginocchio soffre, insomma uno di quei infortuni che ti segnano per sempre); le curve e controcurve presenti, mi invogliano a dare un po’ più di gas, tra leggere pendenze e un fondo misto terra-ghiaino che sembra l’anello dello speedway. Favoloso, anche per chi la percorre con muscolose bicilindriche!

Inizia ora quello che già temevo essere (leggendo la mappa) il tratto più isolato e sperduto. Ero titubante già nella stesura del percorso, se inserirlo o meno, ma un totale di 14 km di sterro erano imperdibili.
Un leggero timore mi avvolge, proprio come uno speleologo nel primo momento della discesa nella grotta, ma la paura è giusto che ci sia, ti fa rimanere all’erta, attento ad ogni minima variazione, di fondo, di rumore e movimento circostante! Entro quasi in silenzio nel bosco delle Frattine, è da un po’ di tempo che questo percorso non saggia le ruote di un fuoristrada, l’erba cresce infatti rigogliosa e sono numerosi i tronchi che mi obbligano ad uscire dal sentiero. Mi fermo solo un momento, lascio il motore acceso e come se fossi in un museo, rubo una foto a questo sorprendente scenario!

Eccomi arrivato al rifugio Barricata (prossimo all’apertura dopo un massiccio restauro): 130 -giusti giusti- i km percorsi fino a qua. Breve sosta, mangio gli ultimi resti del mio panino e ascolto le voci dei responsabili del luogo, su come recuperare un po’ di energia, tra pannelli solari, fotovoltaico, gruppi elettrogeni e batterie al gel!

Ricordo ancora quando da bambino ogni due settimane salivo in Val Maron per sciare con la mia famiglia. Quanta attesa ai cancelli per prendere il gancio e che risalita lunghissima per arrivare sul Lisser e poi scendere giù in men che non si dica!
Per arrivare a Val Maron prendo una sterrata e da qui al Tombal è un attimo grazie alla strada presente. Allo stesso tempo mi riaffaccio verso la Val grande fino al rifugio Marcesina.
Il tempo a mia disposizione stringe, leggo la mappa (sempre bella in vista grazie al mio accrocchio) e rinuncio a quello che poteva essere la parte più interessante, con altri 30 km off-road: è il momento di rientrare.

Grazie all’avventura e alla meta raggiunta, mi sento un po’ più forte e sicuro, così arrivato al bivio di Campo Cavallo riprendo la "sterrata del secolo" e adesso non ce né per nessuno: gas a badilate, il 600 ruggisce, il Michelin AC10 fatica a rimanere dritto, mi esibisco in derapate bioniche e staccate con annessi scoppi di ritorno, fantastico sound, non incrocio nessuno e così ad ogni curva dipingo delle belle righe, come un pennello che striscia su di una tela bianca! Campo Mulo!

Arrivo a Gallio, riprendo la Val Frenzela e mi riposo un attimo alla fontana. Faccio più o meno lo stesso percorso del mattino, arrivo a Monte Corno, ultimi km di off in quota, poi scendo a Calvene…




Rientro classico con qualche divagazione per trovare nuovi passaggi tra frasche, rovi, sassi… e anche un gregge di pecore!




Fine, 18.40, 227 km.

venerdì 17 luglio 2009

Lourdes

... così quest'anno ce l'abbiamo fatta, siamo stati a Lourdes. Un luogo bellissimo, dove la fede e la speranza non mancano mai; ogni giorno migliaia di persone visitano questo luogo incantevole.

LA PARTENZA
Tutto è cominciato con il decidere come arrivare... in treno? Aereo? Viaggio organizzato? No, niente di tutto questo, alla fine abbiamo deciso per il camper. Un camper a noleggio, abbastanza grande, un sei posti letto: comodo comodo.
Parecchie ore spese al computer per definire l'itinerario, la scelta dei campeggi, i luoghi in cui fermarsi... vietato perdere tempo!

I preparativi fervono, si caricano le biciclette, Alice carica i viveri, le varie borse con l'abbigliamento e anche qualcosa per due-tre giorni di mare! La mamma è indaffarata in casa, mentre Pierpaolo perlustra a modo suo il camper e ne sembra felicemente soddisfatto: ha già capito che sarà per un po' di giorni la sua casa!

LA PRIMA TAPPA - GENOVA
Siamo arrivati a Genova verso le undici. Parcheggiato il camper presso il campeggio Villa Doria, abbiamo pranzato e poi siamo scesi a piedi verso il mare per prendere la nave-bus che ci ha portati direttamente al porto vecchio, per visitare l'acquario.

Ne abbiamo sempre sentito parlare in modo entusiasta un po' da tutti e sarà per questo motivo che ci aspettavamo una cosa strabiliante.

Ai bambini è sicuramente piaciuto, noi due invece siamo rimasti un po' delusi. Nonostante tutto è stato divertente vedere i piragna, gli squali, i delfini e tanti altri pesci.

LA SECONDA TAPPA - GRAU DU ROI, CAMARGUE
Camargue, si sà, terra di cavalli e la seconda tappa di oltre 400 km ci porta a Grau Du Roi.

Dopo aver percoso parecchi chilometri in autostrada ci avviciniamo alla meta facendo una strada alternativa e così ecco qua la nostra sosta...

Il campeggio è molto grande, accogliente, pulito e con un bel parco giochi per i bambini. Ci sono pure due piscine, una scoperta e una no, ma questo campeggio è solo una sosta breve, infatti la mattina seguente partiamo subito per arrivare a destinazione.
LA TERZA TAPPA - LOURDES Partiamo con calma, in fondo non dobbiamo timbrare il cartellino... la strada è buona, il tempo un po' meno, infatti troviamo un temporale che ci accompagna per oltre tre ore di viaggio, da Narbonne fino a Toulouse; qui il tempo migliora e fino a Lourdes viaggiamo con il sole. Anche qui gli ultimi chilometri li percorriamo per la strada normale, ammirando il paesaggio e le pendici dei Pirenei. Arriviamo in campeggio nel pomeriggio.

LOURDES
Il campeggio è proprio piccolo, 19-20 piazzole, non di più, con una gestione familiare, ma è tenuto benissimo: un bel prato, delle piante che fanno una bella ombra e i bagni sono nella norma... adeguati diciamo.


La sorpresa maggiore è stata quella di conoscere Matt e Chloe, due ragazzi inglesi, in viaggio con il loro VW van del 74, che da li a pochi giorni sarebbero partiti per l'Italia. Ne è nata un'amicizia, merito dei nostri mezzi, tanto che (posso anticiparvi), li ho ospitati a casa mia in un weekend di luglio, facendogli visitare la mia provincia (ma ne parlerò in un altro post).

Questa piccola cittadina è ovviamente magica, visitatori, turisti, fedeli ovunque, che provengono da tutto il mondo per un pellegrinaggio alla grotta.




sabato 27 giugno 2009

Endurus interruptus

Massì dai, questo post lo intitolo come l'ha chiamato Navaho: Endurus interruptus!

Foto 1: Navaho a sx e Alves... controllano il sentiero.

Dovete sapere che navigando per il solito sito di enduristi pazzi, prendo al volo l'offerta del caro Alves per partecipare ad una giornata intera di enduro. E non parlo di un sabato o di una domenica, bensì di un tranquillo giovedì alle soglie dell'estate: giovedì 18 maggio.

Foto 2: eccomi ci sono pure io, in coda al gruppo a mangiar polvere.

Uscire con Navaho e Alves non è proprio una passeggiata, qui di sicuro si deve spingere e a volte si fa fatica a restare nel sentiero da quanto può essere stretto... e non nego che qualche giorno prima un po' di timore c'era.

Foto 3: sosta in quel di Valli.

Comunque, bando alle ciance, il ritrovo è alle otto, alle porte di Schio, destinazione.... booooooh... non importa, quello che conta è fare enduro!

Ci scaldiamo un po' con tranquilli sentieri nei pressi di Magrè, poi si sale sempre di più, Valli del Pasubio e Recoaro.

Foto 4: sempre nelle contrade di Valli.

Le varie località io non le ricordo bene, figuriamoci, ma i luoghi e i sentieri percorsi sono favolosi. Solo su una mulattiera mi sono trovato in difficoltà, ma ne sono uscito da solo e senza aiuto.


Foto 5: sosta e beveraggio presso un forte.


Foto 6: controllo del fettucciato preparato per la terza prova del campionato triveneto di enduro.


Foto 7: non andremo mica lassù, vero?
Foto 8: beveraggio in questa torrida giornata.
Foto 9: io e Alves.
Foto 10: la frana nei pressi di Recoaro - rifugio la Guardia, qui siamo arrivati a piedi è!!!
Foto 11: i bruchi rifocillati... e chi riparte adesso dopo aver mangiato pasta con sugo di cervo?
Foto 12: proviamo a ripartire dai, ma prima una pompatina...

Foto 13: triste epilogo; durante un salto il perno del forcellone si spezza. Grazie ad Alves, per il passaggio fino a casa sua per prendere l'auto con il carrello, risalire fino a Recoaro e poi portarmi a casa.
Foto 14: l'oggetto colpevole di tutto!!!
Foto 15: ecco la moto durante la riparazione home made... adesso è già tutto sistemato!

martedì 23 giugno 2009

Enduro relax

La voglia di enduro e di relax aumenta, così io e il Bomber ci prendiamo mezza giornata di ferie per farci un altro giro in moto dopo quello di domenica scorsa 10 maggio.

Anche se la meta è sempre la stessa (l’altopiano), pianifico sulla carta un giro turistico di circa 50 km netti di sterrate, tra Bocchetta Paù e Monte Corno, cercando di passare anche in quei sentieri che domenica ci hanno fatto battere in ritirata per la neve presente! Una piccola sfida insomma!

Partiamo alle 13.45 con il pieno e il contachilometri azzerato. Sostituire il bitume dei dieci tornanti del Costo è uno scoglio che prima o poi devo superare, trovando un’alternativa che non sia una carrareccia proibita.

Arrivati in quota, dopo una ventina di chilometri, un sentiero chiuso ci impedisce il passaggio, non tanto per la neve, ma per la presenza dei boscaioli che stanno "ripulendo" il bosco, tagliando un bel po’ di piante. Facciamo una breve sosta [foto 01].

Scorraziamo di qua e di la, ci si ferma, si chiacchera, si fa qualche foto [foto 02: il Bomber si pulisce, ma non ha ancora provato il vero enduro dove a volte si sguazza nel fango].

IL SENTIERO IMPOSSIBILE
Arrivati a Cima Fonte proviamo a sfidare la strada innevata per riuscire a doppiare il Boscon e poi ritornare verso Paù. Il Bomber si infila in un sentiero alternativo, controllo la mappa e mi sembra ok.

Lui sale un po’ a fatica, ma grazie all’erogazione dolce della sua BMW arriva sempre [foto 03 Bomber in action]. Io, grazie al tassello gagliardo, non ho problemi. Ad un bivio prendiamo a sinistra, la mappa mi indica un percorso più facile. Saliamo, saliamo ma poi il sentiero scompare, non è più segnato… e tutto il fondo è nascosto da innumerevoli tronchi secchi che con il peso della neve hanno ceduto. Niente da fare!

Torniamo indietro e decido di prendere a destra. Dopo un centinaio di metri iniziamo a scendere. All’inizio è facile, ma poi si fa bastardo e la pendenza aumenta. Visto il sentiero, e il fatto che risalire non sarebbe così banale, mi rivolgo al mio compagno "Te la senti di scendere di qua?" – "Si dai" – coraggioso, penso! Così iniziamo a scendere per bene. Quella che prima era una stradina percorribile anche da una Panda, ora è un solco piuttosto stretto. La natura ci avvolge, la luce arriva molto filtrata, e grossi sassi, tronchi e radici prevalgono sulla terra. Si balla!

A questo punto risalire sarebbe veramente difficile. Facciamo una sosta. Riporto, più o meno, lo scambio che ne segue:
- Vado giù a piedi a vedere se trovo la strada!
- Perché, non possiamo risalire?
- Pensi di farcela, hai visto bene?
- Bheèèèè, siamo venuti su anche prima, perché non dovremmo riuscirci di nuovo?
- Guarda che questo è un altro sentiero, non siamo venuti su di qua!
- Come no, non vedi che ci sono i segni per terra?
- Non sono i nostri!

Silenzio! [foto 04, il Bomber perplesso!]

La situazione non è impossibile, ma comunque difficile, eppure la mappa indicava una via di uscita, e così mi rendo conto che Bomber non ha un gran senso dell’orientamento!

Scendo a piedi, in alcuni punti scivolo con gli stivali e procedo con il culo, fino a quando mi sembra di vedere la strada. Si. C’è la strada. Mi fermo alcuni istanti, la tensione se ne va! Risalgo, fiatone terribile, scattiamo un paio di foto [foto 05: si nota il sorriso liberatorio e la pendenza?]. Scendo: io resto in sella, a motore spento sfioro sassi e alberi, il Bomber decide per la moto al fianco. In dieci minuti ne siamo fuori. Doppiato il Boscon!

Lascio a lui la strada, per oggi può bastare, decidiamo per il rientro. Arriviamo giù, un saluto con totali 60 km di terra. Arrivo a casa alle 18.45: 130 km!